Ai sensi del secondo comma dell’art. 540 c.c. al coniuge superstite, anche quando concorra con altri chiamati all’eredità, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
Tale diritto di abitazione ha ad oggetto la sola casa adibita a residenza familiare e cioè l’immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale.
Il diritto di abitazione si va ad aggiungere al diritto successorio del coniuge superstite e rappresenta una specie di lascito a favore del coniuge che è a tutti gli effetti equiparabile ad un legato (ossia una disposizione testamentaria che attribuisce in favore del destinatario detto legatario, diritti patrimoniali determinati e non la totalità del patrimonio ereditario ovvero una quota dello stesso) ma stabilito dal Legislatore.
La ratio di tale norma è da rinvenire nel tutelare l’interesse del coniuge superstite a continuare a vivere nella abitazione principale ovviamente in presenza di determinati presupposti:
– vincolo matrimoniale esistente al momento del decesso,
– l’immobile deve essere di proprietà del de cuius oppure in comunione dei beni tra i coniugi.
Il diritto di abitazione e di uso sui mobili invero rappresentano due diritti distinti, pertanto, il coniuge può anche rinunciare ad uno di essi e soprattutto rappresentano un elemento aggiuntivo rispetto alla quota di eredità spettante normalmente al coniuge (1/2 del patrimonio del defunto) per cui non sono soggetti ad azione di riduzione, è un diritto che scatta già al momento dell’apertura della successione.
La L. n. 72 del 2016 (c.d. Legge Cirinnà) ha esteso tale diritto di abitazione alle c.d. unioni civili e anche alla convivenza di fatto.
ll convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza, di proprietà del defunto, per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni, secondo quanto disposto dall’articolo 1 comma 42 della legge n. 76 del 2016.
In tal modo viene tutelato il diritto all’abitazione dalle pretese restitutorie dei successori del defunto per un lasso di tempo ragionevolmente sufficiente a consentire al convivente superstite di trovare un’altra soluzione abitativa.
Inoltre se nella stessa casa coabitano figli minori o figli disabili del convivente superstite, lo stesso avrà diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
Per quanto attiene al diritto di abitazione del convivente di fatto superstite, occorre precisare che questo è riconosciuto salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies del codice civile ovvero il godimento della casa familiare è attribuito tenendo sempre prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
I due diritti (abitazione e uso dei mobili di quella abitazione) non possono essere ceduti o dati in locazione ad altri e, per quanto attiene al coniuge superstite, si estinguono con il decesso del superstite per il convivente come abbiamo visto ha una durata limitata nel tempo (nel massimo 5 anni). Imposte e tributi durante l’esercizio del diritto di abitazione sono a carico del superstite e non degli altri eredi.
Il diritto di uso e di abitazione prevale anche in caso di successione testamentaria ovvero in presenza di testamento e altri eredi in quanto è un diritto riconosciuto ex lege, in automatico.
E veniamo al quesito che maggiormente viene posto nella prassi: se il coniuge superstite rinuncia all’eredità perde il diritto di abitazione?
La rinuncia all’eredità è quell’ atto mediante il quale l’erede del defunto dichiara di rinunciare, per qualsiasi motivo, all’eredità stessa. In genere si rinuncia nel caso in cui l’eredità sia gravata da debiti oppure quando si voglia favorire l’accrescimento della quota in favore degli altri coeredi.
La rinuncia è un atto pubblico e deve essere deve essere dichiarata dagli eredi prima della denuncia di successione e deve essere resa davanti ad un notaio o al cancelliere del Tribunale competente, entro 3 mesi dalla morte se si è in possesso dei beni o entro 10 anni dal decesso se non si è in possesso dei beni.
Può essere presentata innanzi ad un Notaio o nel Tribunale dell’ultimo domicilio del defunto. La forma scritta è prescritta ad substantiam e, quindi, la sua mancata osservanza provocherà l’invalidità della rinuncia stessa.
Il coniuge superstite che rinuncia all’eredità data la natura di legato ex lege del diritto di abitazione e di uso di mobili potrà mantenere il solo diritto di abitazione e, quindi, pur non rispondendo dei debiti del defunto, avrà il diritto di continuare a vivere nell’immobile che era stato il tetto domestico e di coabitazione della coppia.
La ratio è di tutela del coniuge superstite, spesso anziano, per evitare che si sobbarchi i debiti del defunto solo per avere un’abitazione dove vivere negli ultimi anni della propria vita.
Difatti come già sopra esposto, il diritto di abitazione nella casa coniugale viene acquisito dal coniuge superstite come legato ex lege, in via automatica di diritto, in quanto espressamente previsto a suo favore dal codice civile; non si deve quindi considerare parte della successione legittima o testamentaria del de cuius.
Di conseguenza, anche quando il coniuge rinuncia all’eredità oppure viene escluso dalla stessa a fronte di disposizioni testamentarie che lo diseredano, eventualmente contestabili dal coniuge in qualità di erede legittimario, manterrà comunque il proprio legato del diritto reale di abitazione ex art. 540 c.c.