DIVIETO PATTI SUCCESSORI – art. 458 c.c. – Ordinanza della Corte di Cassazione Civile del 9.1.2024, n. 722 – principi giurisprudenziali in materia, tutela dell’autonomia privata
L’art. 458 del codice civile prevede che “Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768 bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi”.
Si tratta del c.d. divieto di patti successori secondo cui non è possibile, secondo il nostro ordinamento, disporre in vita della propria successione o della successione di altri tramite accordi in tal senso.
Appare evidente in questa materia l’esigenza del Legislatore di contemperare l’autonomia privatistica intesa come libertà di disporre del proprio patrimonio e dei propri beni a mezzo testamento con l’esigenza pubblicistica di non consentire abusi e facili aggiramenti di disposizioni di legge.
Di recente la Cassazione con l’ordinanza del 9.1.2024, n. 722 ha riproposto in materia dei principi giurisprudenziali consolidati che hanno ribadito in ogni caso la tutela dell’autonomia privata negoziale in riferimento ad un caso particolare in cui i genitori e i figli hanno pianificato di comune accordo un trasferimento di quote societarie per donazione allo scopo di riequilibrare le posizioni patrimoniali dei figli.
L’ordinanza della Corte offre lo spunto per comprendere la logica del Legislatore nell’aver stabilito il divieto di patti successori e per porre l’attenzione sulla autonomia privata che va comunque tutelata.
Il caso di specie riguarda un fratello che agiva in giudizio nei confronti delle sorelle, chiedendo la revoca della donazione di quote di una società a responsabilità limitata che lo stesso attore aveva disposto a favore delle sorelle, ai sensi dell’art. 803 cod. civ.
Le sorelle convenute eccepivano che l’atto che formalmente era intestato come donazione, in realtà, rappresentava l’esecuzione di una intesa formalizzata con un precedente accordo ossia una scrittura privata del 15.11.2008, con il quale i genitori avevano inteso definire, assieme ai figli, l’assetto della divisione dei propri beni tra i figli medesimi.
Le sorelle sottolineavano che il trasferimento delle quote aveva lo scopo di riequilibrare la situazione patrimoniale, poiché erano state fatte precedenti attribuzioni dei genitori al fratello.
Secondo la tesi delle sorelle, la donazione di cui l’attore chiedeva la revocazione veniva in realtà a dissimulare un negozio con funzione solutoria, in adempimento dell’impegno precedentemente assunto dal fratello con la citata scrittura privata. Quest’ultimo replicava, deducendo la nullità della scrittura privata, in quanto conclusa in violazione del divieto di patti successori di cui all’art. 458 cod. civ. La tesi del fratello, è stata ritenuta infondata nel giudizio di primo grado, mentre è stata invece accolta dalla Corte d’appello di Milano. Ad avviso della Corte di secondo grado la scrittura privata del 15/11/2008 antecedente la donazione (18/12/2008) costituiva un vero e proprio patto successorio, avendo i figli concluso l’accordo in qualità di aventi diritto alla successione.
Successione peraltro non ancora aperta dei genitori (ancora in vita) e risultando che la comune intenzione delle parti era quella di riequilibrare le rispettive situazioni patrimoniali nell’ottica della futura successione dei genitori, andando a rinunciare persino al diritto di contestare in futuro le donazioni effettuate dai genitori medesimi, quali anticipazioni di eredità.
Secondo la Corte di Appello la nullità della scrittura privata andava a travolgere a cascata anche la successiva donazione, descritta come un «atto solutorio privo di causa meritevole di tutela ex art. 1322 cod. civ. e, ulteriormente, nullo perché posto in essere in frode alla legge ex art. 1344 cod. civ., essendo finalizzato a realizzare uno scopo illecito».
Propongono poi ricorso per Cassazione le sorelle affidando l’impugnazione a ben sette motivi.
La Corte di Cassazione ribaltando la sentenza di II grado ha accolto il ricorso, dichiarando valida la pattuizione familiare e la successiva donazione, mettendo in luce che la Corte d’appello ha omesso di verificare la presenza di almeno due dei presupposti applicativi dell’art. 458 cod. civ.: 1) se i genitori che insieme ai figli avevano partecipato alla scrittura privata avessero inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così del ius poenitendi e
2) se l’accordo relativo al trasferimento, dal promittente al promissario, avesse luogo mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato.
Sulla scorta di tali osservazioni, i giudici di legittimità hanno affermato il seguente principio di diritto: «l’impegno assunto da fratelli, d’intesa con i genitori, di procedere a forme di conguaglio o compensazione per la differenza di valore dei beni loro donati in vita dai genitori non viola il divieto di patti successori, in quanto non viene ad investire i diritti spettanti sulla futura successione mortis causa del genitore ed anzi non trova in quest’ultima il presupposto causale».
Invero alla luce delle richiamate argomentazioni della Cassazione, si registra una crescente apertura al riconoscimento di espressioni dell’autonomia privata, alternative al testamento, nell’ambito del diritto successorio, tenendo conto che sorgono sempre più di frequente esigenze di pianificazione ereditaria che però di fatto si scontrano coi limiti stabiliti dall’ordinamento alla autonomia privata.
Sempre più famiglie hanno l’esigenza di disciplinare gli assetti patrimoniali prima della morte di uno dei genitori, con l’obiettivo di evitare l’insorgere di controversie in seguito all’apertura della successione, il patto di famiglia sinora non ha dato una risposta adeguata a tali esigenze, pertanto, diventa imprescindibile il ruolo di un avvocato esperto in materia che possa consigliare e indirizzare i familiari nel rispetto dei limiti imposti dall’ordinamento.