La sentenza della Corte di Cassazione 21 novembre 2022, n. 34211 che chiarisce gli effetti relativi non
solo alla mancata consegna del certificato ma all’assenza dell’abitabilità di un’abitazione.
Nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito
giuridico essenziale del bene compravenduto, poiché vale a incidere sull'attitudine del bene stesso ad
assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la
commerciabilità.
La mancata consegna all'acquirente del certificato di abitabilità si traduce, pertanto, in un
inadempimento e nella conseguente possibilità di domandare il risarcimento del danno
consequenziale che, ove accertato nell'an, va liquidato dal giudice in via equitativa, tenendo conto
del minore valore di scambio del bene o nei costi sostenuti per procurare l'agibilità dell'immobile.
Se, dunque, il venditore ha l'obbligo legale, imposto dall'art. 1477 c.c. (che al terzo comma prevede
l'obbligo a carico del venditore di consegnare i documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa
venduta), di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità (la cui mancanza non comporta la
nullità del contratto), in conformità alle norme che lo prevedono (artt. 24 e 25 del d.P.R. n. 380 del
2001, che parla di certificato di agibilità), risultano, allora, del tutto irrilevanti:
sia il fatto secondo cui il rilascio del certificato di abitabilità non sia stato promesso dalle
venditrici all'atto della vendita;
sia il fatto che l'immobile sia effettivamente abitabile, non risultando, per contro, accertata
né la conoscenza da parte dell'acquirente dell'assenza del certificato di abitabilità o l'esonero
della controparte dal relativo obbligo, né, come detto, il successivo rilascio del certificato
mancante.
Questo quanto chiarito dalla Cassazione nella sentenza suddetta.