Per la Cassazione è lecito pretendere la provvigione per l’attività prestata in favore di una delle parti contraenti anche nel caso di un duplice ruolo.
Il mediatore immobiliare che sia allo stesso tempo procacciatore d’affari di uno dei contraenti può pretendere la provvigione per l’attività di mediazione prestata in favore dell’altra parte. Lo ha stabilito la sesta sezione civile della Corte di cassazione con la recente ordinanza n. 25942, pubblicata lo scorso 24 settembre 2021.
Il caso concreto. Nella specie un agente immobiliare che si era occupato della locazione di un appartamento aveva chiesto la condanna del conduttore al pagamento del compenso provvigionale a seguito della stipula del relativo contratto preliminare. Quest’ultimo si era opposto e il giudice del merito, dopo avere rilevato che l’altra parte del contratto aveva precedentemente conferito alla medesima agenzia l’incarico di reperire il conduttore interessato alla locazione dell’immobile, aveva ritenuto che tale circostanza fosse incompatibile con la mediazione tipica. Di conseguenza, sempre secondo il giudice, il rapporto tra l’agente immobiliare e la proprietaria dell’immobile doveva essere qualificato come una mediazione atipica, ovvero come procacciamento di affari.
Per quanto sopra il corrispettivo dell’opera svolta poteva essere preteso solo nei confronti di chi aveva conferito detto incarico e non anche verso il conduttore.
L’obbligo di indipendenza del mediatore immobiliare. L’art. 1754 c.c. indica come requisito necessario per il mediatore l’indipendenza rispetto alle parti poste in relazione tra di loro. In particolare, la norma stabilisce che l’intermediario non può essere legato ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Quindi, ad esempio, si ritiene che non possa essere considerato mediatore, con conseguente mancanza del diritto alla provvigione, il rappresentante di una delle parti, ossia chi sia legato da un rapporto di mandato con una delle parti.
Più controverso in giurisprudenza il tema relativo all’incompatibilità dell’attività di mediazione con eventuali rapporti di dipendenza o di collaborazione con una delle parti dell’affare.
L’imparzialità del mediatore immobiliare è quindi una caratteristica irrinunciabile del rapporto di mediazione disciplinato dal codice civile.
Mediazione tipica e mediazione atipica. Occorre però evidenziare come nel tempo la giurisprudenza, valorizzando il principio dell’autonomia contrattuale delle parti, abbia operato una distinzione tra la c.d. mediazione atipica, che non presuppone alcun rapporto negoziale tra il mediatore e le parti, e la mediazione tipica (o negoziale) che, come hanno ribadito le sezioni unite della Suprema corte nella sentenza n. 19161/2017, si fonda su un contratto a prestazioni corrispettive, che può riguardare anche una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale), la quale, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività volta alla ricerca di una persona interessata alla sua conclusione a determinate e prestabilite condizioni.
Ebbene, secondo la Cassazione è sbagliato ritenere che la mediazione atipica, quale quella svolta dal c.d. procacciatore d’affari, che si distingue dal mediatore appunto perché la sua attività viene prestata esclusivamente nell’interesse di una delle parti, sia di per se stessa, sempre e comunque, incompatibile con il diritto del mediatore a percepire la provvigione (anche) dalla parte diversa da quella da cui ha ricevuto l’incarico.
Infatti, se è vero che, normalmente, il procacciatore d’affari ha diritto al pagamento solo nei confronti della parte alla quale sia legato da rapporti di collaborazione, è anche vero che tale assetto del rapporto, per quanto generalmente seguito, può essere derogato dalle parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, ben potendo il procacciatore, nel promuovere gli affari del suo mandante, svolgere attività utile anche nei confronti dell’altro contraente, purché ciò avvenga con piena consapevolezza e accettazione da parte di quest’ultimo. Di conseguenza, essendo il procacciatore di affari una figura atipica, i cui connotati, effetti e compatibilità, vanno individuati di volta in volta, con riguardo alla singola fattispecie, occorre avere riguardo, in materia, al concreto atteggiarsi del rapporto e, in particolare, alla natura dell’attività svolta e agli accordi concretamente intercorsi con la parte che non abbia conferito l’incarico.
In tal modo la sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza in questione si è riportata a precedenti decisioni del medesimo tenore (si vedano Cass. civ. n. 14582/2007 e Cass. civ. n. 25260/2009, nonché la più recente Cass. civ. 12651/2020), confermando quindi questo indirizzo interpretativo.
Il mediatore immobiliare che sia al contempo procacciatore d’affari. Con l’ordinanza in questione la Suprema corte ha quindi ribadito che la mediazione tipica e quella atipica possono convivere o, meglio, le obbligazioni previste dalle rispettive discipline possono coesistere, se così hanno voluto le parti. Quest’ultimo, infatti, è il principale aspetto da tenere in considerazione ai fini dell’interpretazione del rapporto contrattuale.
Il soggetto che sia stato incaricato da una delle parti di procacciare un affare, come nella specie quello di individuare un conduttore per la propria unità immobiliare, avrà diritto a essere remunerato dal proprietario sulla base degli accordi intercorsi. Al contempo, una volta individuato il conduttore e stipulato il contratto di locazione, l’intermediario potrà anche pretendere da quest’ultimo un compenso a titolo di provvigione, quale remunerazione per la propria attività.
Quanto sopra, però, solo qualora concorrano due ulteriori circostanze. Da un lato, infatti, l’intermediario dovrà essere un mediatore immobiliare iscritto nel relativo registro (si veda quanto si dirà più avanti), dall’altro, dovrà risultare che il conduttore sapesse che quest’ultimo agiva nella veste di agente immobiliare e ne abbia accettato l’attività.
Come chiarito dalla Cassazione, è infatti configurabile il diritto alla provvigione del mediatore, che sia al contempo procacciatore di affari per uno dei contraenti, soltanto allorquando risulti la piena consapevolezza e accettazione del suo ruolo e della sua attività a opera dell’altra parte. Di conseguenza, essendo il procacciatore di affari una figura atipica, occorre avere riguardo al concreto atteggiarsi del rapporto, ovvero alla natura dei compiti svolti e agli accordi concretamente intercorsi con la parte che non abbia conferito l’incarico.
Nel caso di specie dagli atti di causa risultava che la conduttrice dell’immobile non aveva assunto alcun impegno in ordine al pagamento della provvigione, posto che il modulo contenente la proposta condizionata di locazione da quest’ultima sottoscritta non risultava barrato e non era compilato nella parte prestampata che avrebbe dovuto contemplare l’obbligo relativo al pagamento della provvigione.
Il diritto alla provvigione sussiste solo in caso di iscrizione al registro delle imprese. La legge n. 39/89 prevede che il diritto alla provvigione spetti soltanto a coloro che siano iscritti nei ruoli tenuti dalle Camere di commercio. Il sistema i tal modo delineato è stato modificato dal dlgs n. 59/2010, prevedendo espressamente che i richiami al ruolo contenuti nella legge n. 39/89 si intendono riferiti alle iscrizioni previste dalla nuova normativa nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative.
La Cassazione ha poi chiarito che la nuova disciplina non ha fatto venire meno la preclusione alla corresponsione del corrispettivo per effetto della mancata iscrizione del mediatore al ruolo.
Occorre a questo proposito evidenziare come le sezioni unite della Suprema corte, con la già menzionata sentenza n. 19161/2017, risolvendo il contrasto sul punto, abbiano chiarito che anche i procacciatori d’affari, laddove si tratti di intermediazioni immobiliari, possono pretendere il compenso soltanto nel caso in cui possano dimostrare la medesima iscrizione, in quanto la richiamata disciplina della mediazione tipica deve intendersi applicabile anche a quella c.d. atipica.
FONTE: ITALIA OGGI