Successione mortis causa – lesione di quota di riserva di legittima – azione di riduzione – legittimazione degli eredi o aventi causa del legittimario
Accade sovente che nello svolgimento della professione forense, il parere professionale richiesto, per la particolarità del caso sottoposto, offra lo spunto per la trattazione e approfondimento di tematiche molto interessanti per le conseguenze giuridiche e pratiche che producono.
Veniamo al caso sottoposto: Tizio e Caia sono due coniugi in regime di comunione legale senza figli. Nel 2020 muore Tizia che ha fatto testamento, nominando erede universale un suo nipote Tiberio con ciò ledendo la quota di riserva di legittima del coniuge superstite Tizio.
Passano gli anni, Tizio ad un certo punto decide di reclamare la sua quota di legittima lesa e instaura una mediazione in cui chiama l’onorato testamentario a trovare una soluzione bonaria per la restituzione della sua quota di riserva violata dal testamento della moglie.
Nelle more della instaurata mediazione, purtroppo muore anche Tizio legittimario leso e dal testamento si apprende che ha nominato erede universale suo nipote Sempronio.
Il quesito sottoposto è il seguente: può Sempronio, quale erede universale di Tizio, subentrare allo stesso nella mediazione, ma soprattutto proporre l’azione di riduzione nei confronti del nipote erede di Caia che ha ereditato anche la legittima del defunto Tizio.
L’azione di riduzione è lo specifico mezzo concesso al legittimario (colui che per legge, ha diritto a una quota di eredità o ha altri diritti nella successione) al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia nei suoi confronti delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che abbiano leso i suoi diritti alla quota di legittima.
L’art. 557 c.c. prevede espressamente i soggetti che possono chiedere la riduzione per lesione di legittima (ossia la legittimazione attiva all’azione) : i legittimari, i loro eredi e gli aventi causa.
Invero in alcune pronunce si era negato il diritto di subentrare nell’azione proposta o proponenda dal de cuius facendo riferimento alla c.d. natura personale dell’azione di riduzione.
Invero la Corte di Cassazione ha già preso posizione in materia con una interessante sentenza del 30.10.2008 n. 26254 che ha rilevato come vi sia stato un fraintendimento in ordine al concetto di natura personale dell’azione di riduzione, precisando:
“ invero il suo carattere personale evidenzia che essa compete in via autonoma al singolo che si ritenga leso nella propria quota individuale di legittima, con la conseguenza che l’accertamento della lesione e della sua entità non deve farsi con riferimento alla quota complessiva riservata a favore di tutti i coeredi legittimari, bensì solo alla quota di colui che si ritiene leso (Cass. 12.5.1999 n. 4698);” risulta quindi evidente l’irrilevanza di tale orientamento nella fattispecie, laddove il nipote erede testamentario di Tizio farà valere non la sua qualità di legittimario con riferimento alla eredità dello zio, bensì la propria legittimazione quale erede di Tizio a subentrare nell’azione di riduzione rectius nella mediazione originariamente proposta da quest’ultimo, ovviamente sempre nei limiti della propria quota.
In sostanza l’erede di Tizio subentrerà nei diritti di legittimario dello stesso relativamente all’eredità della defunta moglie di costui.
Di conseguenza, il legittimario subentrante, in caso di accoglimento della domanda di riduzione, acquisirà il diritto alla restituzione dei beni già appartenuti al de cuius eccedenti la quota disponibile, ne deriva la natura patrimoniale di tale diritto e quindi, la piena trasmissibilità dell’azione di riduzione all’erede del legittimario Tizio.
Il principio di diritto che si desume dalla sentenza testè citata è il seguente:
in riferimento alla legittimazione attiva, ciascun legittimario può domandare la riduzione nei limiti della sua quota individuale. L’azione non dà luogo a litisconsorzio attivo e la sentenza fa stato solo nei confronti dei legittimari che hanno preso parte al giudizio. In ragione della natura patrimoniale dell’azione di riduzione se ne ammette la trasmissibilità a causa di morte e tra vivi nonché l’esercizio in via surrogatoria da parte dei creditori personali del legittimario.
Quanto alla legittimazione passiva, tale azione può essere promossa contro l’onorato testamentario o il donatario e la sentenza non ha efficacia diretta nei confronti del terzo acquirente; in ragione della sua natura di azione personale è esclusa la legittimazione passiva dei terzi aventi causa.
Conseguenza dell’azione di riduzione è l’azione di restituzione la quale, salvo il limite generale derivante dalle norme sulla trascrizione delle domande giudiziali, è regolata diversamente a seconda che si tratti di acquirenti di diritti di godimento o di garanzia (categoria nella quale rientrano anche coloro che abbiano costituito vincoli di indisponibilità come il creditore pignorante), oppure di acquirenti della proprietà o, in genere, dello stesso diritto oggetto della liberalità ridotta.
Sinteticamente può dirsi che se il bene oggetto di riduzione è stato gravato da un peso, deve essere restituito libero; se il bene è stato trasferito ad altri, il legittimario può agire in restituzione solo dopo la preventiva escussione del donatario, con tutti i limiti previsti dall’art. 563 c.c. “Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione [559 c.c.] hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi [559 c.c.], la restituzione degli immobili [2652 n.8, 2690 n. 5 c.c.] .
L’azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni, cominciando dall’ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede [1153 c.c.].
Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.”
L’art. 563 c.c. prevede quindi l’azione di restituzione anche contro gli aventi causa dai beneficiari delle disposizioni lesive della legittima soggette a riduzione. Tale azione si collega ad una fattispecie complessa, costituta dal giudicato di riduzione e dalla vana escussione dei beni del donatario contro cui è stato pronunziato: l’azione non sorge, se non in quanto il legittimario abbia preventivamente escusso i beni dell’onerato o del donatario (con esito in tutto o in parte infruttuoso) e, una volta sorta, è assoggettata a un controdiritto del terzo il quale può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose di base, pagando l’equivalente in denaro.
È molto controverso il carattere dell’azione di restituzione. Mentre un indirizzo parla di efficacia reale dell’azione di restituzione, in quanto può essere esperita contro qualsivoglia avente causa, altro orientamento individua nell’obbligo di restituzione dei beneficiati un obbligo estraneo al diritto di proprietà e ritiene che il valore dell’art. 563 c.c. consista nell’ammettere un eccezionale obbligo di restituzione. In questa prospettiva non può parlarsi di efficacia reale in quanto essa non è idonea a dedurre in giudizio il diritto di proprietà: oggetto del processo di riduzione non è il diritto di proprietà sugli immobili donati o traferiti mortis causa attraverso una disposizione eccedente la disponibile, bensì il potere sostanziale alla modificazione dello status di erede che ha ereditato anche la quota di legittima.
Colui che ha comprato i beni immobili dall’erede soggetto a riduzione (terzo acquirente) può però sottrarsi all’azione di restituzione: l’art. 2652 c.c. n. 8, prevede infatti una fattispecie acquisitiva a favore del terzo avente causa dal beneficiario di una donazione o di una disposizione testamentaria eccedente la quota disponibile. Presupposti applicativi sono: l’anteriorità della trascrizione dell’acquisto del terzo rispetto alla trascrizione della domanda di riduzione, l’acquisto a titolo oneroso e il decorso di dieci anni senza che sia stata trascritta la domanda di riduzione.
Dunque, se il legittimario leso trascrive la domanda entro il decennio, il conflitto sarà risolto in suo favore, anche se il subacquirente sia il primo trascrivente; in caso contrario, se egli omette la trascrizione, prevarrà il terzo subacquirente che ha trascritto il suo acquisto, anche nell’ipotesi in cui la causa di riduzione sia stata promossa prima della scadenza dei dieci anni.